Il barista di Salerno ci spiega come creatività, esperienza, caffè monorigine e addirittura macinacaffè possono aprire le porte di un nuovo rapporto con gli specialty.
“Mi ricordo il primo caffè specialty che ho servito nella mia caffetteria: era un caffè etiope. Con un po’ di emozione lo servì al cliente che, dopo averlo bevuto, mi chiese il prezzo e dopo averlo pagato mi disse ‘questo è l’ultimo caffè che bevo qui, ha un sapore orrendo’. Dopo qualche mese tornò, per caso: ebbi il tempo di spiegargli cosa fosse racchiuso in quella tazzina e perché quello fosse un caffè speciale. Oggi viene due volte al giorno”.
Dietro ad uno Specialty Coffee è racchiusa una storia, una tradizione, aromi, sapori di cui non si può fare a meno dopo essersene innamorati. È un caffè per persone curiose, che hanno voglia di scoprire.
E per farlo è necessario incontrare dei professionisti che te lo sappiano raccontare al meglio, per apprezzarne tutte le sue peculiarità: lavoro che sa fare molto bene Michele Cantarella, barista che lavora nel cuore di Salerno, da oltre sette anni focalizzato nel mondo della caffetteria di alto livello e trainer di Espresso Academy nella sede di Salerno.
Perché sei entrato nel mondo del caffè Specialty?
Volevo offrire qualcosa di nuovo alla mia clientela. Mi sono concentrato nella mia formazione legata al mondo del caffè: si è aperto un mondo grazie anche all’esperienza con l‘Espresso Academy. Da lì mi sono posto l’obiettivo di far entusiasmare chi frequenta il mio locale nello stesso modo in cui mi sono entusiasmato io nello scoprire questo vasto e variegato mondo legato allo specialty, facendogli scoprire qualcosa di diverso e innovativo dalla solita tazzina che solitamente beviamo nella maggior parte dei bar.
Sappiamo bene che avvicinare la classica clientela “da bar” alle acidità e particolarità del mondo specialty non è facile. Quali strategie usi per presentare questi caffè ai frequentatori del tuo locale?
L’approccio è quello di non spaventare il cliente comune. Per voler assaggiare un caffè non convenzionale ci vuole sicuramente una predisposizione e una curiosità: questa la si può attrarre grazie ad un menù intuitivo, dove magari si abbinano i caffè a sapori che già la persone conoscono, per creare una maggiore familiarità. L’idea è di far provare un’esperienza sensoriale, magari facendolo avvicinare a piccoli passi, prima proponendo un caffè blend per poi arrivare – la volta dopo – ad uno specialty.
Parlare di coffee specialty vuol dire parlare di un un mondo vastissimo, quanti caffè di alto livello proponi nella tua caffetteria? E quali trovano più il favore della clientela?
Sono sei le proposte che offro: due specialty, due blend di Arabica e due singole origini di Robusta. Mi destreggio ogni giorno dietro a sei macinacaffè diversi per ciascuna tipologia.
Il caffè che più viene apprezzato nell’ultimo periodo è il Cina MENG MENG. Si tratta di un caffè molto particolare, con un mix di frutta tropicale (mango, ananas), frutta gialla dolce e delicata e nel retrogusto sentori di tè verde. Viene molto richiesto proprio per questo dagli amanti delle tisane e tè.
La tua posizione di barista ben introdotto in questo mondo ti offre un osservatorio privilegiato, quale futuro ti immagini per il mondo del caffè Specialty?
La diffusione di queste tipologie di caffè è una questione culturale, come è successo per il vino e per la cucina. Sicuramente questo periodo di pandemia ha rallentato la divulgazione degli Specialty, ma credo che presto si diffonderanno sempre di più le caffetterie gourmet, magari con qualche Stelle Michelin, dove le persone andranno per vivere un’esperienza speciale, fuori dall’ordinario. Dobbiamo solo saper intercettare la loro voglia di novità ed essere pronti a servirgli i nostri favolosi caffè.